lunedì 2 maggio 2016

Yuri Catania e i suoi "No fashion places"

Non è facile raccontarvi dell'ultima MIA Photo Fair, le fotografie da vedere erano tantissime, capisco benissimo che ognuno possa avere i suoi gusti e le proprie preferenze, non mi piace però che voi possiate pensare che io vi proponga qualche autore che io ritengo migliore di un altro perché avendo avuto molto più tempo, oppure uno stuolo di collaboratori che purtroppo non ho, forse avrei scelto di mostrarvi tutto, o quasi.
Sicuramente, ci sono dei motivi razionali ed altri più emozionali che mi hanno portato a vedere ed a intervistare alcuni, piuttosto che altri, a volte una scelta è dipesa in parte dalla disponibilità di trovare un fotografo presente presso lo stand della galleria che lo rappresenta, o dello stand che lo ospitava, perché a me piace che sia il protagonista degli scatti e di certe scelte ad informare il pubblico del suo lavoro, attraverso le mie curiosità che potrebbero benissimo essere le vostre.
Un altro fattore importante che mi ha indirizzato in uno stand piuttosto che in un altro è la presenza di scelte tecniche evidenti che caratterizzano un'opera o lo stile di un autore e la possibilità di chiarire questi interventi con chi li ha realizzati, chiedendo anche perché e come certi scatti o le relative post-produzioni sono state eseguite.
Ho voluto iniziare la galleria dei fotografi da presentarvi con una proposta MIA per parlare con un volto nuovo, o poco conosciuto del panorama artistico italiano.
Le immagini di Yuri Catania, ad un primo sguardo, potevano sembrare non tanto diverse da quelle che un qualsiasi bravo fotografo avrebbe potuto riportare da un viaggio negli USA, eppure il modo di trattare il bianco e nero e la scelta di presentare un'istallazione anch'essa parte di un intervento artistico mi ha spinto a voler conoscere meglio questo fotografo di moda che ha un po' svicolato alla domanda relativa alla sua formazione ed ai suoi dati anagrafici, ma che ha avuto parecchie cose da dire in riguardo al suo modo di vedere le cose che noi tutti potremmo avere sotto gli occhi.
C'è qualcosa da imparare sempre da tutti ed è anche per questo che anche in una fiera dell'immagine fotografica artistica non mi tiro mai indietro da chiedere qualcosa di tecnico ad ogni autore. Non mi stancherò mai di dire che la tecnica è importante e coloro che la minimizzano, spesso lo fanno per snobismo, o per non divulgare le loro scelte, cosa che chi ha veramente qualcosa di creativo da dire, non si astiene mai dal fare perché sa bene che prima o poi quasi tutti (ovviamente ad un certo livello di conoscenze tecniche e capacità pratiche) possono riprodurre un'immagine ben riuscita, ma la fantasia di proporre qualcosa di efficace, capace di colpire l'interesse dello spettatore, magari risvegliando anche il desiderio di possedere una certa immagine d'autore, non è da tutti.
Iniziare un dialogo con una persona che non si conosce non è mai una cosa comoda, né semplice, a volte è anche difficile comprendersi perché si usano termini o linguaggi diversi, o perché è difficile conquistare la fiducia di chi non sa bene chi siamo, o che cosa vogliamo da lui, o da lei. Nonostante questo, ritengo di essere riuscito a riportare delle interviste interessanti che mi farebbe piacere che voi leggeste, magari indicandomi se ci sono delle questioni che tratto poco e che vorreste sviluppate maggiormente.
Ringrazio tutti coloro che ho incontrato e che hanno agevolato questo strano compito che mi sono dato di documentare in modo indipendente artisti, tecniche e situazioni del mondo della cultura del mio tempo. TG

Spread kindness to everybody - Dettaglio tratto da una fotografia di Yuri Catania

Tony Graffio intervista Yuri Catania

Tony Graffio: Yuri Catania, chi sei? E che esperienze formative e professionali hai avuto?

Yuri Catania: Sono italiano, di origini siciliane, mi sono trasferito all'estero da diverso tempo.

TG: Dove?

YC: Negli USA, ma vivo anche in Svizzera per motivi professionali. Faccio il fotografo di moda ormai da 12 anni. Qui al MIA ho sposto la parte più intima e libera di me stesso che ho chiamato No fashion places, proprio per sottolineare la mia volontà di staccarmi dal mondo della moda che è quello che io vivo normalmente nella mia quotidianità, mentre qui io esprimo 9 anni di incontri e vita vissuta sul territorio americano durante i miei spostamenti in questo grande paese pieno di contraddizioni. La mia fotografia è una sorta di neorealismo melanconico che mi porta a cercare anche nei soggetti più banali qualcosa che li contraddistingua. Fotografo di tutto, soggetti sporchi o vecchi, ma senza esagerare, non mi piace disturbare gli homeless o chi si trova in difficoltà perché non ha mezzi economici o altri drammi personali. Mi piace trovare nel quotidiano un significato aggiunto e lì m'immergo con le mie riflessioni personali. Il bianco e nero, le luci e le ombre giocano un ruolo molto importante nella narrazione, perché con ogni fotografia cerco di trasmettere l'emozione che mi ha colpito quando ho deciso d'effettuare lo scatto.

One million act of kindness - Fotografia di Yuri Catania

TG: Questi bianchi e neri sono molto belli e profondi, come li hai ottenuti?

YC: Principalmente con la macchina fotografica. Per me lo scatto è nella fotocamera, non in post-produzione così, per me, è fondamentale che quello che io vedo rimanga impresso nella fotocamera. La sfida reale è tra l'uomo e la fotocamera. Il bianco e nero così forte è quello che mi ero proposto di ottenere.

TG: Ho capito, puoi dire qualcosa di più tecnico? Hai usato una fotocamera digitale con un sensore monocromatico? Hai usato qualche filtro particolare?

YC: Uso una fotocamera Canon digitale, la stessa che uso nei miei lavori di moda, scatto un file raw che porto nei contrasti e nelle luci come io preferisco, però scatto anche in jpeg, proprio perché rimanga un riferimento di quello che ho scattato, perché sai che quando scatti il raw, nel rielaborarlo parti da zero... Uso dei filtri polarizzatori, in questo caso sono rossi, in modo che le ombre rimangano piuttosto chiuse e non si confondano con il soggetto. Uso dei diaframmi molto chiusi per poter raccontare il contrasto tra il mondo del buio ed il mondo della luce in modo da esporre per le luci e non per le ombre. Io cerco un nero pastoso che nasconda un po' certi dettagli, mentre per il bianco voglio ottenere qualcosa che sia un punto inferiore al bianco massimo, in modo da evitare bruciature sulla carta, altrimenti non ci sarebbe nulla di leggibile in certe zone.

TG: Come ti trovi a convivere con una doppia identità di fotografo di moda e di artista?

YC: Questa è una mia volontà personale che mi porta ad avere un codice estetico che esprimo che prescinde anche da un andamento di mercato. Essere presente qui al MIA, per me è un grande onore, poiché mi hanno di fatto invitato ed ho potuto collaborare con l'organizzazione per poter esporre al meglio il mio lavoro. Come fotografo di moda in mano alle case di moda o ai creativi faccio un discorso più commerciale che mi permette di tradurre in immagini fisse, o in video, perché io realizzo anche video, quel lavoro fantastico che già esprime lo stilista. A chi mi chiede in che cosa consista il mio lavoro, io dico sempre che aggiungo un fiocco rosso a qualcosa che è già bello di suo.

Agli oggetti che compaiono nelle immagini di Yuri, come lo skate-board, la sua poltrona o il cappellino da baseball, s'è aggiunta la t-shirt che Tony Graffio dona ai suoi interlocutori.

TG: Quindi quello che tu hai esposto qui è un'immersione nella realtà?

YC: E' un'immersione nella vita che io vivo, nella mia vita reale. Ogni fotografia è chiaramente una fotografia istintiva, non si tratta di niente di precostruito, o orchestrato. Si tratta di scatti effettuati in momenti che un secondo dopo potrei aver scelto di non effettuare poiché avrebbero potuto essere completamente diversi e potrei non aver notato la situazione che mi ha colpito. Fotografare è un po' come trovarsi in una grande biblioteca, non potrai leggere tutti i libri, però potrai sceglierne uno che ti colpisce dal titolo, dalla copertina, dall'autore, dai colori, o per altri motivi. Però rimane sempre la certezza che non li potrai leggere tutti. La stessa cosa avviene anche con questo modo di fotografare: in ogni istante sei immerso in immagini diverse, ma devi saper selezionare quella cosa che tu ritieni per te possa essere interessante fermare, e da lì poi costruisci un mondo.

Parte dell'installazione di Yuri Catania

TG: Come mi spieghi invece la scelta di contrapporre fotografie di grandi dimensione a quadretti che si inseriscono in una grande bandiera di legno a stelle e strisce?

YC: E' la prima volta che presento le mie fotografie in quadretti piccoli in questo modo, ma c'è stata una richiesta da parte dell'organizzazione della fiera perché avendo visto un portfolio molto articolato, mi hanno richiesto di portare tante immagini. Su questo suggerimento io ho un po' voluto giocare e mi sono inventato un'installazione di questo tipo che rispecchia il mio rapporto con gli Stati Uniti, perché io li amo, ma non li prendo sul serio. Ho scelto questo tipo d'approccio per non arrivare ad un inno alla nazione nord-americana, perché in fin dei conti loro non sono migliori di noi. In questo abaco di legno, io ti lascio giocare per costruirti delle storie nuove che tu puoi creare spostando i quadretti all'interno della grande bandiera di legno. Oltre che con le storie, puoi giocare con i colori che trasforma il tutto in una tavolozza.

Yuri Catania, fotografo di moda e di scatti in libertà che propone ai collezionisti che amano la fotografia d'autore

TG: Parliamo dei prezzi delle tue opere.

YC: Per quanto riguarda le open edition dei quadretti, il costo è di 150 euro, iva compresa, mentre l'opera completa composta da 90 quadretti di No fashion places of America compresa l'installazione che ho realizzato io costa 15'000 euro, però se tu sommi i costi dei 90 quadretti, la cifra è quella. A differenza che questa è una serie limitata di 5 pezzi ed in più io offro altre 10 immagini in più, a sorpresa, fuori serie. Le stampe grandi invece sono state tirate in 8 pezzi e compongono la serie Melancholy Blues; ho scelto questo titolo proprio perché l'uso della luce e dei contrasti ha reso più evidente il trasparire di queste atmosfere dai luoghi che ho fotografato. Queste fotografie sono in vendita a 1'800 euro, iva compresa. Alcuni pezzi sono già stati venduti e uno di questi quadri è già stato esposto tre anni fa al Palais de Tokyo, insieme alla commissione dell'Artist Hope, cosa che per me, ovviamente è stato un grande onore ed un grande riconoscimento perché io sono stato l'unico fotografo italiano scelto da questo gruppo di critici del Museo Pompidou e da questo gallerista francese che si chiama René Praz. In quella occasione sono state vendute delle copie, perciò adesso ne restano due in meno.

Vadimir Putin e l'Hotel Chelsea, particolari estrapolati dai panorami americani del nostro inconscio collettivo

TG: Qualche particolarità nella presentazione delle tue stampe?

YC: Anche i quadretti più piccoli vengono proposti incorniciati in vetri museali, al pari delle opere più grandi, stesso discorso per la qualità della carta che è una carta cotone. Ho scelto una carta Canson che è una delle migliori che trovi in commercio, è una carta museale stampata a plotter digitale. Questo modo di trattare le stampe più piccole come quelle grandi ha un approccio che ritengo sia piuttosto democratico ed offra le stesse garanzie anche ai collezionisti che possono spendere meno e vogliono ugualmente portarsi via un mio lavoro. C'è in vendita anche un mio libro con 200 fotografie che riporta parte di questa ricerca effettuata in USA che, ricordo, è ancora in corso.

TG: Grazie Yuri.

YC: Prego.

Alla fine dell'intervista Yuri mi ha fatto vedere le sue opere offrendomi una colonna sonora tratta dal suo smart-phone collegato alle cuffie che si vedono appoggiate sullo sgabello bianco al centro dello stand. 

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