sabato 20 febbraio 2016

Umberto Eco: quando la morte di un uomo dalla cultura eccezionale ci fa sprofondare nel silenzio


Da: Dylan Dog - Immagine rielaborata graficamente da Frammenti di Cultura che rappresenta Umberto Eco traslato in un mondo parallelo a fumetti

Umberto Eco è morto ieri alle 22,30 circa nella sua abitazione di piazza Castello, a Milano, a causa di una grave malattia che era in corso da un paio d'anni. 

Prima di lui, difficilmente un intellettuale si interessava alla cultura popolare, Eco ha studiato i vari fenomeni della comunicazione di massa: dal cinema, alla radio, alla televisione, alle arti visive nella loro totalità, non trascurando i fumetti. Come un altro scrittore appassionato di comics, Oreste Del Buono, fece parte della neo-avanguardia del Gruppo 63, un movimento letterario che prendeva le distanze dai modelli letterari tradizionali, tipici di una cultura più imbastita. Eco riusciva ad essere uno studioso di una cultura che non si distaccava dalla sensibilità degli uomini del suo tempo, era in grado di intuire quali fossero gli interessi del suo pubblico e di proporre argomenti capaci di raggiungere un pubblico ancora più vasto. Anche per questo, Umberto Eco oltre ad essere stato il padre della ricerca sulla comunicazione di massa in Italia, iniziando più di 50 anni fa un percorso che ha dato il via a questo tipo di studi, è stato un vero maestro della comunicazione.
Una memoria prodigiosa e una straordinaria erudizione, oltre che una grande curiosità, facevano di lui un uomo capace di avventurarsi in qualsiasi campo, si interessò anche al web che tuttavia, in modo forse un po' affrettato, considerava un luogo dove non potessero avvenire eventi di particolare rilevanza culturale.
Ad Umberto Eco non passò inosservato nemmeno il fenomeno dell'Arte Programmata ed a questo proposito, nel 1962, scrisse l'introduzione al catalogo della mostra "Arte Programmata" a cura di Bruno Munari; mostra che venne allestita presso il negozio milanese di Olivetti, in Galleria Vittorio Emanuele II.
A chiedere di scrivere l’introduzione della mostra fu lo stesso Bruno Munari poiché i due lavoravano insieme alla Bompiani. Ricordiamo inoltre che il titolo delle mostra non fu subito accettato da tutti. Il gruppo T avrebbe preferito che fosse chiamata arte cinetica, ma da parte del gruppo N di Padova fu evidente che non poteva andare bene. Come riferisce Alberto Biasi in diverse interviste nella sua arte di "cinetico" non vi è nulla: le sue opere sono più ferme di una piramide egizia! Come tutti sappiamo è il movimento del fruitore che crea l’illusione ottica e quindi al massimo possiamo parlare di "un cinetismo indotto". Un termine che fu introdotto da Umberto Eco fu: "opera aperta". Termine dai molti significati possibili: aperta all'interpretazione? Ognuno, come in tante opere d’arte può vederci cose diverse. Aperta nel senso che la programmazione ha creato un "effetto" libero quasi casuale? Fino a un certo punto, poiché i movimenti e la programmazione stessa si ripetono con schemi prefissati. Per capire meglio tutto ciò riportiamo una parte tratta da un intervista ad Umberto Eco alla Mostra al Museo del 900 a Milano nel 2012. A.B.

Arte Programmata

"Per tornare all'Arte Programmata, il paradosso e lo scandalo è stato questo: eravamo nella stagione che nelle arti visive aveva superato l’astrattismo e il geometrismo, e aveva nell'Informale l’orizzonte del momento. Quindi l’arte cinetica che ritornava, sia pure in modo cinetico, a proporre moduli astratti, avrebbe dovuto essere inaccettabile. Se gli oggetti fossero stati fermi invece di muoversi, non li avrebbe guardati nessuno. L’Arte Programmata ha cercato di introdurre un principio di complementarietà, da un lato l’informale, dall'altro l'iperformale programmato. Se si legge bene Opera aperta ci si accorge che io parto da quelle che chiamavo “opere in movimento”, ma in fondo sostenevo che tutte le opere d'arte sono aperte. Siamo all'eterno dibattito tra fatto e interpretazione. L’opera è qualcosa di abbastanza conchiuso per opporsi alla molteplicità delle mie interpretazioni, ma se non c'è la mia interpretazione l’opera non reagisce. Da questa dialettica – rappresentata da quell'ossimoro che è “opera aperta” – non mi sono mai mosso." U.E.

Da Programmare l'arte, a. c. di Marco Meneguzzo, Enrico Morteo, Alberto Saibene. John & Levi Editore, Monza 2012




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